L’interpretazione estensiva della nozione di causa violenta

L’interpretazione estensiva della nozione di causa
violenta

Cass. Civ., Sez. Lav.,
24 luglio 2004, n.
13928

Con riguardo agli infortuni sul lavoro disciplinati dal D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, la predisposizione morbosa non esclude il nesso causale tra sforzo e ed evento infortunistico, in relazione anche al principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., che trova applicazione nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con la conseguenza che un ruolo di concausa va attribuito anche ad una minima accelerazione di una pregressa malattia – salvo che questa sia sopravvenuta in modo del tutto indipendente dallo sforzo compiuto o dallo stress subito nella esecuzione della prestazione lavorativa – la quale, anzi, può rilevare in senso contrario, in quanto può rendere più gravose e rischiose attività solitamente non pericolose e giustificare il nesso tra l’attività lavorativa e l’infortunio (nella specie la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata che, attribuendo l’evento ad una preesistente condizione patologica, aveva escluso l’incidenza causale dell’attività lavorativa in occasione della insorgenza di un infarto del miocardio, seguita ad uno sforzo lavorativo – consistito nella sabbiatura di manufatti mediante compressore del peso di 20 kg., da sostenere con le braccia per tutta la durata della operazione – in un dipendente già affetto da coronaropatia).

Cass. Civ., Sez. Lav.,
30 dicembre 2009, n.
27831 (in senso
conforme, Cass. Civ.,
Sez. Lav., 23
dicembre 2003, n.
19682; Cass. Civ.,
Sez. Lav., 14 maggio
1994, n. 4736)

La predisposizione morbosa del lavoratore non esclude il nesso causale fra lo sforzo fisico (o le situazioni di stress emotivo ed ambientale) e l’evento infortunistico, anche in relazione al principio dell’equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., che trova applicazione nella materia degli infortuni sul lavoro.

Cass. Civ., Sez. Lav.,
24 luglio 2015, n.
15584 (in senso
conforme, Cass. Civ.,
Sez. Lav., 16
novembre 1987, n.
8388)

Nell’apprezzamento dell’azione di lavoro, al fine di stabilire la sussistenza o meno nel singolo caso concreto degli estremi dello sforzo come causa violenta di infortunio, deve tenersi conto delle preesistenti condizioni fisiopatologiche del soggetto, in quanto una predisposizione morbosa dovuta a tali condizioni soggettive può far sì che il concentrato dispendio di energie per un atto di lavoro, il quale di per sé pur non ne richiede l’erogazione in misura ordinariamente tale da essere lesiva, provochi, nella concreta situazione di menomazione del soggetto, la brusca rottura del preesistente, precario, equilibrio organico e dia luogo a conseguenze invalidanti.

Cass. Civ., Sez. VI, 13
marzo 2017, n. 6451
(in senso conforme,
Cass. Civ., Sez. VI, 10
ottobre 2012, n.
17286; Cass. Civ.,
Sez. Lav., 30
dicembre 2009, n.
27831; Cass. Civ.,
Sez. Lav., 23
dicembre 2003, n.
19682; Cass. Civ.,
Sez. Lav., 10 gennaio
2003, n. 239; Cass.Civ., Sez. Lav., 6
ottobre 2000, n.
13741)

In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la causa violenta, richiesta dall’art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965 per l’indennizzabilità dell’infortunio, può riscontrarsi anche in relazione allo sforzo messo in atto nel compiere un normale atto lavorativo, purché lo sforzo stesso, ancorché non eccezionale ed abnorme, si riveli diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente, dovendosi avere riguardo alle caratteristiche dell’attività lavorativa svolta e alla loro eventuale connessione con le conseguenze dannose dell’infortunio.