Il 5G, sebbene possa rappresentare una tecnologia in grado di potenziare l’infrastruttura digitale nei diversi ambiti, da quello economico-produttivo a quello dell’istruzione, è percepito da una parte del mondo scientifico come una nuova fonte di rischio i cui effetti sull’ambiente e sull’uomo sono ancora ignoti. Mentre alcuni studi scientifici hanno compiuto lo sforzo di individuare dei criteri per neutralizzare i potenziali effetti negativi che potrebbero derivare dalla sua adozione, la riflessione giuridica tarda ad emergere nella prospettiva di comprendere come tutelare cittadini e lavoratori davanti all’ennesimo caso di “ignoto tecnologico”. In questo scenario, il diritto del lavoro è chiamato a rivisitare il proprio patrimonio concettuale in un contesto produttivo che non è più articolato secondo le logiche del Novecento industriale. Da qui, la necessità di ripensare degli schemi giuridici che siano in grado di tutelare la collettività perché le ipotesi di rischio da “ignoto tecnologico” sono destinate inevitabilmente ad aumentare dato il tumultuoso progresso tecnologico.
G. Piglialarmi, Il 5G e i nuovi ambienti di vita e di lavoro. Quale sfida per il diritto?