Mappa dei contenuti: temi, possibili soluzioni e nodi aperti
Attraverso l’analisi della normativa (in continua evoluzione), dei protocolli siglati da Governo e Parti sociali, della contrattazione collettiva, della prassi amministrativa e della giurisprudenza, la ricerca ha inteso individuare e approfondire le questioni più problematiche a livello teorico e pratico relativamente alla gestione dell’emergenza pandemica nella doppia prospettiva della garanzia della continuità delle attività economiche e del rispetto della esigenza di tutela della salute individuale e collettiva e dei diritti dei lavoratori.
Dopo l’iniziale fase di restrizioni e chiusure (c.d. lockdown), l’intervento del Governo e delle Parti sociali ha consentito di raggiungere una definizione condivisa delle condizioni della ripresa delle attività produttive determinando un primo punto di bilanciamento tra gli interessi di datori di lavoro, lavoratori e della collettività in termini generali.
L’evoluzione dell’emergenza pandemica ha però comportato l’esigenza di nuovi interventi regolativi, anche, delle parti sociali al fine di adattare misure e tecniche di tutela al sopraggiungere di nuove possibilità di protezione (dai tamponi al tracciamento ai vaccini), sempre con l’obiettivo di garantire al contempo il perseguimento degli obiettivi di contenimento del contagio e la prosecuzione delle attività produttive in sicurezza.
Lo studio delle tecniche di tutela predisposte negli oltre due anni di pandemia ha consentito di svolgere una prima valutazione sull’efficacia e sull’impatto delle soluzioni adottate, permettendo di individuare gli aspetti positivi e le criticità emerse in ragione della loro applicazione, oltre che di delineare i nodi ancora aperti.
La definizione delle misure precauzionali e prevenzionistiche all’interno dei Protocolli nazionali è stata di fondamentale importanza per assicurare una tutela omogenea all’interno dei diversi settori e delle diverse aziende. Si è venuta quindi formando una base comune di interventi relativi all’accesso al lavoro e alla organizzazione del lavoro rispetto alla quale le parti sociali a livello settoriale, territoriale o aziendale, hanno potuto intervenire per migliorare l’efficacia delle misure declinandole in ragione del contesto di riferimento (G. Benincasa, Le misure organizzative contro la diffusione del Covid-19 nei luoghi di lavoro: evidenze dai protocolli).
Pur a fronte di interventi normativi volti a riconoscere il valore dei Protocolli (art. 29 bis d.l. n. 23/2020), alcune criticità sono emerse nella fase attuativa.
Una delle questioni di maggior delicatezza che sono emersi dall’inizio concerne il tema dell’aggiornamento del D.V.R. (L. Scarano, Sull’obbligo-onere di aggiornare/integrare il D.V.R. per il rischio da Covid-19), rispetto al quale il legislatore è rimasto silente e la fonte contrattual-collettiva si è mossa in maniera non univoca (G. Benincasa, L’obbligo di aggiornamento del D.V.R. a fronte del rischio da Covid19: evidenze dai protocolli e dagli accordi collettivi sottoscritti al livello settoriale, territoriale e aziendale), lasciando così agli operatori di individuare il corretto comportamento da porre in essere e, conseguentemente, rilevanti dubbi applicativi.
Nonostante gli interventi di semplificazione della disciplina, che ne hanno meritoriamente consentito la più ampia diffusione, anche l’adozione del lavoro agile emergenziale non è stata priva di criticità in termini di adeguata tutela delle condizioni di lavoro (E. Dagnino, Lavoro agile emergenziale: indicazioni per il futuro).
Altre criticità sono poi emerse rispetto alle misure non contemplate dal Protocollo condiviso dal Governo e dalle Parti sociali, che la scienza medica ha nel corso del tempo consegnato alla collettività e quindi ai datori di lavoro. Ci si riferisce innanzi tutto, ai test sierologici e ai tamponi (G. Benincasa, La somministrazione di test seriologici e tamponi per la ricerca del Sars-Cov-2 nei luoghi di lavoro: evidenze dai protocolli e dagli accordi collettivi sottoscritti al livello settoriale, territoriale e aziendale) e, successivamente, al vaccino.
Proprio l’obbligo vaccinale si è dimostrato essere tema di particolare centralità (C.I. Buonocore, Obbligo vaccinale, operatori di interesse sanitario e personale scolastico: quadro normativo di riferimento), sia per le tensioni sociali che il legislatore ha dovuto gestire nell’ambito del quadro costituzionale ed euro-unitario (C.I. Buonocore, Rifiuto legittimo (e non) dell’operatore sanitario e disparità di trattamento al vaglio della Corte costituzionale e della Corte di giustizia U.E.; C.I. Buonocore, Lavoratori sospesi e diritto a percepire la retribuzione, tra rimessione alla Corte costituzionale e soluzioni, non conformi alla legge, dei giudici di primo grado … compresi i tamponi in luogo del vaccino; C.I. Buonocore, Obbligo vaccinale e un monolito per la Corte costituzionale e la Corte di giustizia dell’U.E. Quando la previsione dell’obbligatorietà del vaccino non è incostituzionale?), sia per la corretta attuazione delle misure da parte datoriale (C.I. Buonocore, Operatori di interesse sanitario e personale scolastico: obbligo vaccinale e repêchage; C.I. Buonocore, Primi orientamenti giurisprudenziali sull’obbligo vaccinale). L’esito dei giudizi di legittimità costituzionale e sul fronte euro-unitario lascia tale aspetto quale nodo aperto, rispetto al quale le determinazioni giurisprudenziali saranno di particolare importanza sia in ottica futura sia per i possibili effetti retroattivi.
Rispetto al quadro definito da legge, regolamenti, DPCM, decreti vari e Protocolli, ulteriori problematiche sono emerse, da un lato, con riferimento al trattamento dei dati personali del lavoratore – tema molto complesso esploso durante l’emergenza pandemica e rispetto al quale (non soltanto) le aziende hanno mostrato di essere impreparate (E. Dagnino, Covid-19 e trattamento dei dati dei lavoratori: un fronte esposto nella gestione pandemica) – e, dall’altro lato, con riferimento alla garanzia dell’effettività delle tutele, sotto il profilo sia degli strumenti (L. Scarano, Misure/strumenti di autotutela individuali e collettivi per garantire l’effettività della protezione dal rischio di contagio) sia delle responsabilità dei datori di lavoro (L. Scarano, Quale responsabilità risarcitoria per incentivare il rispetto delle misure di protezione?).
Rispetto alla concreta attuazione delle misure nei contesti aziendali, la gestione dell’emergenza pandemica per come delineata dai Protocolli ha riportato al centro del sistema prevenzionistico alcuni attori, sia in termini di professionalità sia in termini di prassi partecipative. Sotto il primo aspetto, la centralità del medico competente apre nuove prospettive nei confronti di una figura che, all’interno del sistema prevenzionistico, può costituire un vero e proprio raccordo tra sistema della tutela della salute nei luoghi di lavoro e il sistema della tutela della salute pubblica (G. Benincasa, E. Dagnino, Il ruolo del Medico Competente: fra gestione dei soggetti fragili e il necessario coordinamento con il sistema di salute pubblica). Sotto il secondo aspetto i Comitati di applicazione e verifica rilanciano il ruolo sindacale e le dinamiche partecipative nella gestione delle misure di prevenzione (G. Benincasa, I Comitati di applicazione e verifica: evidenze dai protocolli e dagli accordi collettivi sottoscritti al livello settoriale, territoriale e aziendale), diventando quindi terreno di sperimentazione anche in prospettiva futura (G. Benincasa, I Comitati di applicazione e verifica delle regole di sicurezza fra prevenzione e partecipazione: prime evidenze dalla giurisprudenza).