The Future of EOSH/9 – Inosservanza dei Protocolli anti-contagio e responsabilità ai sensi del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro: le indicazioni operative della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo

Giada Benincasa, Giovanni Piglialarmi

Lo scorso 12 maggio la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo ha fornito indicazioni operative per la verifica dell’applicazione dei protocolli condivisi di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro non sanitari, ai sensi dell’art. 2 comma 6 DPCM 26 aprile 2020.

La Procura specifica che, nonostante il richiamo al Protocolli nazionale (aggiornato poi il 24 aprile 2020) – e ai Protocolli specifici per il settore cantiere e il settore trasporto e logistica – si tratta di un Protocollo deputato a fornire mere linee guida – dunque con la finalità di fornire indicazioni operative dirette ad incrementare l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate nei singoli ambienti di lavoro al fine di contrastare il Covid-19 – e non invece “norme tecniche” o “buone prassi” di cui all’art. 2, lett. u), v), d.lgs. 81/2008.

Fatta questa premessa merita sottolineare che le parti contraenti hanno dunque previsto che le imprese adottino il Protocollo condiviso all’interno della propria organizzazione, applicando, però – oltre a quanto già previsto al livello centrale – le ulteriori misure elencate nel Protocollo stesso che dovranno essere integrate con altre misure equivalenti e più incisive secondo la particolarità e la peculiarità della propria organizzazione, “previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali, per tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro”.

Quanto al profilo sanzionatorio viene rilevato quanto segue: dato che l’art. 2, comma 10, DPCM 26 aprile 2020 attribuisce valenza normativa ai contenuti dei Protocolli ivi richiamati e che tali contenuti hanno natura di misure di contenimento, la loro violazione comporterebbe l’applicazione delle sanzioni individuate dall’art. 4, DL 19/2020 – rubricato “sanzioni e controlli” – salvo che il fatto, come si legge, non costituisca reato. Ciò produrrebbe l’effetto per cui, da un lato, la natura amministrativa delle sanzioni applicate sarebbe priva del potere di prescrivere l’adozione delle misure organizzative e gestionali che consentirebbero di riportare l’ambiente di lavoro in sicurezza; dall’altro, invece, viene contemplata la possibilità di configurare la responsabilità penale in capo al datore di lavoro (caso in cui sarebbe esclusa l’applicazione di sanzioni di natura amministrativa) in caso di mancato rispetto di tali protocolli.

A tal proposito viene però specificato dalla Procura che, vista la finalità di prevenzione generale cui si ispira la normativa in materia di sicurezza e igiene del lavoro, potrebbe essere opportuno rintracciare nelle misure di prevenzione e organizzazione contenute nei Protocolli, i precetti che corrispondono alle norme del Testo Unico in materia di Salute e sicurezza sul lavoro (D.lgs. n. 81/2008), con la conseguenza che, in caso di mancata applicazione di una delle misure contenute nei Protocolli, andrà applicata la procedura di cui all’art. 301, D.lgs. n. 81/2008 (e conseguentemente le disposizioni di cui agli artt. 20 e ss del D.lgs. 758/1994, impartendo al trasgressore la prescrizione volta alla regolarizzazione delle condizioni antigiuridiche). In questa prospettiva, dunque, l’obbligo di “Informazione” previsto al punto 1 del Protocollo potrebbe dar luogo, in caso di inadempimento del datore di lavoro, alla violazione degli artt. 36, comma 2, lett. a), D.lgs. 81/2008; oppure, altresì, la violazione del punto 4 del Protocollo, inerente alle “Pulizia e sanificazione in azienda”, potrebbe dar luogo alla violazione dell’art. 63 comma 1, in combinato disposto con l’art. 64, comma 1, lett. d) e All. IV punto 1.1.6; altresì la non ottemperanza alle previsioni inerenti alle “Precauzioni igieniche personali” e alla dotazione dei “Dispositivi di Protezione Individuali”, rispettivamente previsti ai punti 5 e 6 del Protocollo, potrebbero essere contestati al datore di lavoro ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. f) e d), D.lgs. 81/2008 (nonché, per i soli DPI, anche gli artt. 74 e ss).