Giada Benincasa
Misure graduali per un ritorno progressivo al lavoro, garantendo adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. È questo il principale messaggio del Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione curato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL e approvato dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso la Protezione Civile. Le linee guida, pubblicate lo scorso 23 aprile, seguono le indicazione rese note dalla Agenzia europea di Bilbao (COVID-19: Back to the workplace – Adapting workplaces and protecting workers).
Il documento INAIL individua tre variabili per inquadrare il rischio di contagio negli ambienti di lavoro:
(1) l’esposizione, cioè la possibilità di venire a contatto con fonti di contagio nell’esecuzione dell’attività lavorativa;
(2) la prossimità, che si verifica ogni volta in cui le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro non permettono di osservare il rispetto della distanza interpersonale prevista;
(3) l’aggregazione, cioè quando è possibile prevedere un contatto con soggetti terzi rispetto ai lavoratori dell’azienda.
In questa prospettiva si rende pertanto necessario tenere in considerazione le specificità dei processi produttivi e delle modalità di organizzazione del lavoro nonché il contesto territoriale in cui operano gli insediamenti produttivi, in quanto fattori che possono contribuire alla caratterizzazione del rischio che può assumere una diversa entità e modularità in base al caso di specie. Non solo. È anche necessario tenere conto dell’impatto che la riattivazione di uno o più settori potrebbe comportare nell’aumento di occasioni di aggregazioni sociali per la popolazione.
Il documento INAIL presenta poi una metodologia innovativa di valutazione integrata del rischio che tiene in considerazione la probabilità di venire a contatto con fonti di contagio in occasione di lavoro, di prossimità connessa ai processi lavorativi nonché l’impatto connesso al rischio di aggregazione sociale anche verso “terzi”. Segue infine un focus sull’adozione di misure organizzative, di prevenzione e protezione e di lotta all’insorgenza di focolai epidemici, anche in considerazione di quanto già contenuto nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto tra Governo e Parti sociali il 14 marzo 2020.
Metodologia di valutazione integrata del rischio
Cuore del documento è una matrice di rischio elaborata sulla base di un punteggio attribuito a ciascun settore produttivo per le prime due variabili (esposizione / prossimità) con una scala di valori da 0 (probabilità bassa / lavoro effettuato da solo per la quasi totalità del tempo) a 4 (probabilità alta / lavoro effettuato in stretta prossimità con altri per la maggior parte del tempo) passando dalle attività con meno probabilità di esposizione (come avviene nel settore agricolo) ed eseguite prevalentemente da soli o con altri ma non in prossimità (uffici privati), a lavori caratterizzati da una alta esposizione al rischio (operatori sanitari) e svolti in stretta prossimità con altre persone per la maggior parte del tempo (studi dentistici). Tale punteggio, risultante dalle prime due variabili, deve essere poi integrato con il punteggio derivante dalla terza variabile (aggregazione) che prevede una scala di valori da 1.00 (presenza di terzi limitata o nulla, come nel caso del settore manifatturiero, industria o uffici non aperti al pubblico) a 1.50 (aggregazioni intrinseche controllabili con procedure in maniera molto limitata, es. spettacoli, manifestazioni di massa).
Il risultato finale, dato dalla rappresentazione delle tre variabili su un unico piano cartesiano, definisce il livello di rischio con relativo codice colore (verde, giallo, rosso) per ciascun settore produttivo all’interno della matrice di seguito rappresentata.
Tra i settori, i mestieri e i professionisti ritenuti più a rischio vengono individuati i farmacisti, le forze dell’ordine, gli operatori nel settore sanità e assistenza sociale, gli atleti professionisti, il settore delle agenzie funebri e i parrucchieri. Il fatto che molti dei settori ritenuti più pericolosi siano tra quelli rimasti operativi nella prima fase in quanto essenziali, rende evidente la necessità di approfondire ulteriormente il fenomeno del contagio e il suo impatto nel settore socio-sanitario, al fine di rafforzare tutte le misure necessarie per garantire la tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori.
A seguire, con indice di rischio medio-alto, vengono classificati i manutentori, i corrieri, gli addetti alle mense e i camerieri, i microbiologi, i lavoratori dello spettacolo e gli interpreti nonché le badanti.
Nella categoria di rischio medio-basso residuano, invece, gli operatori ecologici, gli operai edili, i cassieri, nonché, in generale, l’istruzione, le attività artistiche, sportive e di intrattenimento e divertimento (ad eccezione di quelle citate sopra ricondotte ad altre categorie) e le attività di famiglie e convivenze (come i datori di lavoro per personale domestico).
Infine, considerati a basso rischio sono: il settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, le attività manifatturiere, fornitura di acqua, gas ed energia (comprese attività in reti fognarie e gestione di rifiuti e risanamento), costruzioni, commercio all’ingrosso e al dettaglio (comprese le riparazioni di autoveicoli e motocicli), trasporto e magazzinaggio (fatta eccezione per i corrieri, che abbiamo visto rientrare nella categoria di rischio medio-alto), attività di servizi di alloggio e ristorazione, servizi di comunicazione e informazione, attività finanziarie e assicurative nonché professionali, scientifiche e tecniche, settore dell’amministrazione pubblica e difesa, servizi.
Strategie di prevenzione
Promuovendo un approccio partecipato ed integrato all’attuazione delle procedure minime di salute e sicurezza per i lavoratori, il documento INAIL sottolineata l’impossibilità di prescindere dal coinvolgimento di tutte gli attori della prevenzione aziendale (medico competente, RSPP, RLS/RLST) nel coadiuvare il datore di lavoro in un puntuale monitoraggio dell’attuazione attenta e responsabile delle misure di tutela.
I ricercatori dell’INAIL evidenziano poi “la necessità di adottare una serie di azioni che vanno ad integrare il documento di valutazione dei rischi (DVR) A tal proposito, in risposta a una diversa posizione di parte della letteratura scientifica, si ricorda che anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e l’Agenzia Europea di Bilbao si sono espressi per l’attuazione di un aggiornamento, almeno sostanziale, del DVR (anche tramite un’appendice allo stesso ai fini probatori).
Le azioni individuate dall’INAIL, da attuarsi all’interno dell’organizzazione imprenditoriale, sono suddivise in misure organizzative, misure di prevenzione e protezione, misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici.
Le “misure organizzative” risultano di primaria importanza e agiscono attraverso la rimodulazione degli spazi e delle postazioni di lavoro, dell’orario di lavoro e dell’articolazione in turni, nonché dei processi produttivi.
Quanto alla gestione degli spazi di lavoro merita sottolineare la necessità di modulare gli ambienti di lavoro nell’ottica del distanziamento sociale (compatibilmente con la natura dei processi produttivi), anche ricavando ulteriori spazi di lavoro da uffici inutilizzati (come le sale riunioni) o introducendo barriere in plexiglass tra una postazione e l’altra (che dovranno essere distanziate tra loro). Viene altresì previsto, con specifico riferimento agli spazi comuni (mense, spogliatoi, servizi igienici) continua ventilazione dell’ambiente, turnazione, permanenza ridotta, distanziamento. Laddove possibile è necessario prevedere dei percorsi di entrata e di uscita, individuando porte di entrata e porte di uscita dedicate. Richiamando quanto previsto all’interno del Protocollo condiviso dal Governo delle parti sociale (del 14 marzo, poi integrato il 24 aprile) vengono limitati al minimo gli spostamenti all’interno dell’azienda, il divieto di riunioni in presenza (salvo eccezioni di particolare necessità da gestire con adeguato distanziamento interpersonale e riducendo al minimo il numero dei partecipanti) e modulato l’accesso ai fornitori esterni tramite percorsi e tempistiche bene definite dall’azienda (viene specificato altresì che le attività di carico e scarico dovranno avvenire nel rispetto del distanziamento sociale).
Con riferimento all’organizzazione e all’orario di lavoro, potranno essere adottate soluzioni organizzative innovative che riguardano sia l’articolazione dell’orario di lavoro (differenziati per ridurre le presenze contemporanee nel luogo di lavoro e/o assembramenti all’entrata e all’uscita dei locali aziendali) sia i processi produttivi, limitando anche la necessità di trasferte. Viene altresì specificata la necessità di “evitare aggregazioni sociali anche in relazione agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro e rientrare a casa (commuting), con particolare riferimento all’utilizzo del trasporto pubblico”, tramite piani di mobilità adeguati, misure specifiche per disciplinare l’uso dei mezzi pubblici (prevedendo distanziamento e utilizzo di mascherine per tutti i viaggiatori) o incentivando forme di trasporto sul luogo di lavoro differenti, anche con il mezzo privato. Viene inoltre prevista un’analisi dei processi con distribuzione dei compiti (anche ricollocando lavoratori suscettibili, previa valutazione del medico competente), articolazione dei turni e valorizzazione di forme di lavoro a distanza, modulando, anche con l’utilizzo di tecnologie innovative, l’articolazione stessa del lavoro. Quanto alle forme di lavoro a distanza utilizzate anche nella prima fase dell’emergenza in atto, i ricercatori dell’INAIL evidenziano la necessità di rafforzare le misure di supporto per la prevenzione dei rischi connessi a questa tipologia di lavoro, in particolare fornendo assistenza nell’uso di apparecchiature e software nonché degli strumenti di videoconferenza, incoraggiando a gestire al meglio l’orario di lavoro facendo pause regolari e tenendo in considerazione la necessità di garantire il supporto sia a quei lavoratori che si sentono isolati, sia a quelli che contestualmente hanno necessità di accudire i figli, con evidenti criticità sul piano della conciliazione vita-lavoro.
Tra le “misure di prevenzione e protezione”, di carattere generale e specifico, troviamo l’informazione e la formazione, che devono essere effettive, efficaci e adattate allo specifico contesto lavorativo al fine di implementare nei lavoratori il senso di consapevolezza e di adeguatezza delle misure poste in essere; le misure igieniche e di sanificazione degli ambienti (tramite sanificazione periodica e pulizie giornaliere nonché mettendo a disposizione dei lavoratori detergenti e brochure informative), prevedendo altresì, alla riapertura (almeno per le aziende poste in aree geografiche a maggiore rischio o nelle aziende in cui si sono registrati casi di infezione), una sanificazione degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni; l’utilizzo di mascherine e DPI per le vie respiratorie, prevedendo l’utilizzo delle mascherine per tutti quei lavoratori che condividono spazi comuni e rimettendo alla valutazione dei rischi nelle singole realtà aziendali la determinazione di specifici DPI anche in relazione al complesso dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori; sorveglianza sanitaria e tutela dei lavoratori fragili, sottolineando il ruolo cardine del medico competente al di là dell’ordinarietà, soprattutto per l’identificazione dei soggetti suscettibili (per età o pregresse malattie cronico-degenerative) e per il reinserimento lavorativo di soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (per i quali viene prevista una gestione dedicata e dettagliata). In questa prospettiva vi è la possibilità di introdurre la “sorveglianza sanitaria eccezionale” che verrebbe effettuata sui lavoratori cd. fragili (con età superiore ai 55 anni o su lavoratori al di sotto di tale età ma che ritengano di rientrare, per condizioni patologiche, in questa condizione anche attraverso una visita a richiesta).
Con riferimento alla figura del medico competente viene sottolineato che in assenza di copertura immunitaria adeguata (tramite test sierologici di accertata validità) sarà necessario valutare attentamente la possibilità di esprimere un giudizio di “inidoneità temporanea” o limitazioni dell’idoneità per un periodo adeguato, con attenta rivalutazione alla scadenza dello stesso. Si precisa infatti che è necessario sviluppare “percorsi ad hoc di aggiornamento professionale e raccomandazioni operative per i medici competenti a cura di società scienti che del settore di riferimento e delle Istituzioni sul tema specifico”. Viene altresì indicata la necessità di nominare, in via straordinaria, un medico competente ad hoc anche nelle aziende dove non è già presente per il periodo emergenziale o soluzioni alternative, anche con il coinvolgimento delle strutture territoriali pubbliche (ad esempio, servizi prevenzionali territoriali, INAIL, etc.) che, come per altre attività, possano effettuare le visite, magari anche su richiesta del lavoratore.
Infine, le “misure specifiche per la prevenzione dell’attivazione di focolai epidemici”, dirette a contrastare il rischio di riattivazione di focolai nei luoghi di lavoro, prevedono, oltre al rafforzamento delle misure di igiene già richiamate, il controllo della temperatura corporea sui lavoratori, prima dell’accesso al luogo di lavoro (come previsto dal Protocollo più volte citato) o la gestione di un lavoratore con sintomi durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Inoltre, nelle aree maggiormente colpite potranno essere previste misure aggiuntive di esecuzione del tampone per tutti i lavoratori (soprattutto per quelle attività e quei settori in cui l’indice di prossimità si rivela più alto).
In conclusione merita segnalare che il modello di analisi del rischio proposto, prende le mosse da tre aspetti valutativi: l’analisi di processo lavorativo nell’ottica del distanziamento sociale fra i lavoratori; il rischio di contagio connesso con la tipologia di attività specifica; il coinvolgimento di terzi nei processi lavorativi e il rischio di aggregazione sociale. A tal proposito, come suggerito dai ricercatori INAIL, le attività produttive con rischio basso o medio-basso potrebbero avere priorità in un processo graduale di rimodulazione delle misure contenitive, come nel caso delle attività di manifattura e costruzione (e in alcuni casi nel commercio e nei servizi), settori vitali per l’economia del Paese, tenendo ben presente la specificità e la complessità dei singoli contesti aziendali, specialmente nelle piccole e medie imprese.