Antonella Mauro
È un recente studio dell’OCSE (Health in the 21st Century. Putting Data to Work for StrongerHealth Systems) ad offrire alcuni importanti spunti di riflessione per rilanciare l’urgenza dell’utilizzo dei big data anche in ambito di prevenzione della salute sul lavoro. L’oggetto dello studio OCSE non è specificamente riferito al trattamento dei dati sanitari della popolazione lavorativa, ma è tuttavia di grande utilità per un inquadramento del profilo prevenzionistico dentro il contesto di riferimento che è quello della evoluzione del sistema sanitario al tempo della digitalizzazione. Nell’affrontare quest’ultimo tema non si può, infatti, prescindere da una sua “dimensione di sistema” che parta dal coinvolgimento del sistema sanitario nazionale per garantire il pieno e corretto utilizzo dei dati sulla salute della popolazione lavorativa anche al fine di guidare le policy pubbliche e quelle aziendali. Si ricorda, ad esempio, a questo proposito come, mentre con riferimento agli infortuni sul lavoro si dispone di dati certi, le stime relative alle patologie tumorali di origine professionale sono ad oggi ancora molto fumose (o meglio, di fatto, inesistenti). Tuttavia il fenomeno ha un impatto significativo, oltre che naturalmente e prevalentemente sulle vite dei singoli, anche sul sistema produttivo e sulla sanità pubblica.
Molti dati, poche informazioni
In particolare, lo studio pone l’accento su come attualmente si disponga di molti dati di natura sanitaria, ma al contempo di scarse informazioni.
I dati (o meglio, a questo punto, le informazioni) sono uno strumento utile per aumentare sia la consapevolezza e le azioni dei singoli relativamente alla tutela della loro salute, sia per ridisegnare i servizi sanitari in modo tale da potenziarne l’efficienza e l’efficacia in un’ottica di targeting – delle categorie di popolazione a rischio e dei fattori di rischio stessi –, di monitoraggio e prevenzione, nonché di progettazione di politiche di gestione e di servizi sempre più personalizzati e in grado di far fronte ad esigenze di cura più complesse. Si evidenzia un generale ritardo, nell’area OECD, nella realizzazione di un pieno controllo e sfruttamento delle potenzialità di dei dati e dei Big Data per il potenziamento dei servizi sanitari pubblici e privati. Dai dati esaminati dallo studio risulta, in particolare, un aumento della disponibilità di dati ma una riduzione del loro collegamento sistematico; fenomeno al quale si ritiene possa avere contribuito, per quanto riguarda l’area Europea, all’entrata in vigore del GDPR che introduce una normativa stringente per il trattamento dei dati sanitari e alla conseguente necessità di adeguamento dei sistemi giuridici nazionali nell’ambito dei quali il Regolamento esplica la sua efficacia. Il nodo critico centrale viene individuato nell’assenza di metodi e strutture tecniche uniformi e interoperative che consentano la raccolta dei dati in maniera non frammentata e la visibilità e lo scambio degli stessi.Le principali condizioni per garantire il massimo sfruttamento del potenziale dei dati, vengono infatti identificate nella trasparenza e circolazione degli stessi. Sono ritenuti fondamentali anche: l’utilizzo di dati già a disposizione – per evitare duplicazioni di raccolta –; la progettazione e implementazione di piani a livello nazionale per il loro utilizzo; approntare un quadro legale che definisca le condizioni di raccolta e utilizzo per vari fini (anche di ricerca) dei dati; costruire competenze adeguate; uniformare terminologie e soggetti; assicurare un’ampia copertura della popolazione; potenziare gli investimenti per la tecnologia.
In termini di costituzione di un quadro legale e semantico comune spicca, proprio l’esempio europeo che, con l’adozione del GDPR, mira esattamente ad agevolare la formazione di un ambiente uniforme, di un mercato comune di dati, a livello transazionale (ex plurimis, A. Pizzoferrato, Gli effetti del GDPR sulla disciplina del trattamento aziendale dei dati del lavoratore, ADL 4-5, 2018, pagg. 1035-1036). Interessanti sono i cenni relativi ai rischi connessi all’utilizzo dei Big Data dal punto di vista della privacy. Le condizioni per realizzare un efficiente utilizzo dei dati sono la trasparenza degli stessi e la loro circolazione. Questo aspetto è foriero di non trascurabili rischi relativamente al profilo del trattamento e della protezione di dati personali che possono essere limitati solo con una corretta gestione dei dati.Inoltre, non sembra opportuno cedere alla tentazione di escludete totalmente l’intervento umano sui dati; sarebbe preferibile strutturare sistemi tecnico – gestionali che consentano l’interazione con l’uomo (sia l’health professional che il cittadino/paziente stesso, che dovrebbe essere in grado di intervenire sul dato).
Il coinvolgimento e la formazione/educazione dei soggetti coinvolti
L’utilizzo delle nuove tecnologie digitali in ambito sanitario può essere funzionale ad una più mirata individuazione dei bisogni di cura e assistenza nonché a fornire servizi e cure specifiche per esigenze sempre più complesse (come ad esempio le malattie croniche).
L’impiego di strumenti tecnologici di nuova generazione – in particolare, la mera digitalizzazione di dati analogici – potrebbe non essere tuttavia da solo sufficiente a garantire l’efficacia e l’efficienza dei servizi e la diminuzione delle disuguaglianze. Nel senso di fornire strumenti e strategie per trarre la massima utilità dall’impiego delle nuove tecnologie nell’ambito dei servizi sanitari sembrano muoversi le riflessioni condotte nello studio in esame in merito al tema del coinvolgimento dei soggetti che operano nell’ambito del sistema sanitario.
In particolare, non trascurabili sono le potenzialità della partecipazione dello stesso paziente alla gestione e al monitoraggio del suo stato di salute attraverso le tecnologie e le informazioni che si possono ricavare dal loro impiego, se accessibili a quest’ultimo.Specularmente, il supporto degli health professionals in questa operazione di auto – gestione della salute individuale si rivela fondamentale.
In questa ottica l’alfabetizzazione digitale e la formazione continua dei professionisti che operano in ambito sanitario assumono un ruolo centrale nel processo di una digitalizzazione efficiente ed efficace dei servizi sanitari.
L’apporto umano nella gestione della digitalizzazione dei servizi sanitari – che si concentri a monte, nella fornitura, o a valle, nella fruizione ultima dei servizi – risulta un fattore di fondamentale importanza, non solo per la gestione dell’attività e dei risultati, ma anche dei rischi che possono derivare dall’impiego di nuove tecnologie in questo campo.